"Io corrucciarmi col magnanimo Ulisse,
che di senno tutti vince i mortali, e gl’Immortali
Sempre con doni e sacrifizi onora?
Solo il grande Nettuno odio gli pose,
Perché dell’unic’occhio orbò l’immane
Polifemo, fortissimo Ciclope."
[Omero, Odissea, canto primo, 79-85]1
I nostri remi battevano sul grigio sale di maree straniere,
lo specchio di dense nuvole plumbee. Dov'è la Patria in tutto questo mare?
Dove sono il canto delle cicale e le fresche ombre sulla terra scura di viti brade e selvatiche e boschetti di cipressi troneggianti?
Volevamo essere come loro ed eravamo solo sterpi sul crine dell'onda.
Cos'è un guerriero se nessuno canta le sue gesta?
Quanto insignificante è la sua morte, non compianto (in terre lontane)?
"Ivi sbarcammo; E certo ne fu guida un Nume amico
In quella notte d’ogni luce muta;
Ché di folta caligine le navi eran coperte, né dal ciel
mandava raggio la Luna, fra le nubi ascosa."
[Omero, Odissea, canto nono, 166-171]
E guarda, l'occhio chiude il corpo. E noi ci ritroviamo morti e siamo carne e sangue e sangue e latte e carne, cervella e ossa.
Cosa rimane quando tutto scorre via?
Carne e latte, latte e carne e vino.
Beviamo e bevevamo e tuttavia rimanevamo mortali,
non potevamo spostare il masso dell'ἄρχων [signore, capo].
Giungemmo ospiti e divenimmo bestiame.
Un erede di Kρόνος [Crono2] abita il corpo ctonio3 come il sentore di braci estinte in una grotta.
Un continuo divorare, un intenso dimenticare.
Rimane solo un eterno "ora".
(Osserva, l'occhio è affamato)
La fronte scrutante trascina i giovani verso le fauci al modo di Crono.
Le viscere impregnano il suolo.
E amaramente prendemmo del vino; era scuro come la terra partoriente, fresco d'ombra e sonnolento come il canto di cicale, aspro come braci estinte in una grotta.
Infido regnava [il vino] come il mare intero...
Il lieve oblio del loto4.
Cantando versammo il vino e trascinammo a noi il palo di olivo.
Oἶνος πρὸ τοῦ Πολύφημον! [Vino per Polifemo!]
Vino, vino per Polifemo!
"Noi similmente giravam nell’occhio
L’acceso tronco, intorno a cui bolliva
Il sangue; e mentre la pupilla ardea
E l’occhio crepitar s’udìa dal fondo,
Abbruciava la vampa il sopraciglio e le palpebre."
[Omero, Odissea, canto nono, 461-466]
E al mattino ci apparve Ἠώς [Eos5] dalle rosee dita, mentre
rinascevamo come gregge dalla terra stigia6.
Un occhio vuoto cerca vendetta su di noi nel grigio sale.
Ma siamo molti. E non siamo nessuno7.
1. Sono presenti vari brani dell'Odissea in greco antico. La traduzione qui riportata e i numeri dei versi sono tratti dalla versione di P. Maspero, consultabile liberamente su internet.2. Crono è il dio greco primordiale, padre di Zeus, Posedone e Ade, che divorò i suoi figli e venne poi ucciso da loro. 3. "Ctonio" significa "appartenente alla terra"; il corpo ctonio è la grotta.4. Nell'Odissea, il loto era una pianta che portava alla dimenticanza totale.5. Eos è la dea dell'aurora, rosata come le sue dita.6. "Stigio" vale oscuro, infernale, e si rifà allo Stige, fiume degli inferi.7. Riferendosi al fatto che Ulisse si era presentato a Polifemo col nome di "Nessuno" per non farsi riconoscere e far perdere le sue tracce.