Lunghe eran le foglie, verde era l'erba,
Le chiome degli abeti ondeggiavano alte e belle,
E nella radura fù vista una luce
Di stelle nell'ombra luccicanti.
Tinuviel stava danzando lì
Alla musica di un flauto nascosto,
I suoi capelli luccicavano della luce delle stelle,
E con essi il luminoso manto.
Là Giuseppe Beren dai freddi e inospitali monti,
E smarrito camminò sotto le fronde degli alberi,
E dove il fiume Elfico scorre intenso,
Camminò solitario e in pensieri immerso.
Sbirciò attraverso le fronde degli abeti
E vide con stupore fiori dorati
Ricoprire il suo mantello e le sue vesti,
E i suoi capelli come ombre nella notte.
Per incanto guarirono i suoi piedi stanchi
Che erano destinati ad errare lontano;
E di nuovo si incamminò, deciso e agile,
Aggrappandosi ai luccicanti raggi della luna.
Attraverso le fronde intrecciate dei boschi Elfici
Le fuggì silenziosamente sui suoi piedi danzanti,
E perso si mise di nuovo vagabondare solitario
Nella silenziosa e quieta foresta.
Lui sentì spesso un dolce suono nell'aria
Come piedi leggeri come un raggio di sole sulle foglie di tiglio,
O musica vibrante nel sottosuolo,
In rimbombanti cavità nascoste.
Ora appassiti giacciono i covoni di cicuta,
Ed una ad una con un sospiro,
Ed un mormorio, cadono le foglie di faggio
Ondeggiando nel rigido bosco invernale.
Lui la cercò sempre, in lungo e in largo
Dove le foglie, con il passare del tempo si erano fittamente cosparse,
Della luce delle stelle della luna
Nei tremanti cieli invernali.
Il suo mantello fulgea ai raggi della luna,
Come su una collina alta e lontana
Lei danzava, e i suoi piedi emanavano
Un'argentea nebbia fluttuante nell'aria.
Passato l'inverno, lei arrivò
E con il suo canto risvegliò la primavera,
Come una piccola allodola, una fitta pioggia,
E un corso d'acqua gorgogliante discioltesi dopo il gelo.
Lui vide la bellezza della primavera nei boschi elfici
Da lei risvegliata, di nuovo curato,
Desiderava molto di poter ballare e cantare con lei
In mezzo all'erba dai mille colori.
Fuggì di nuovo ma con rapidità la raggiunse.
Tinuviel! Tinuviel!
La chiamò con il suo nome elfico;
Ed ella si fermò ad ascoltare.
Si avvicinò a lei e, come per incanto
La sua voce l'attirò a se,
Ed ella si fece trasportare dal destino,
Giacendo nelle sue braccia brillando.
Mentre Beren la guardava negli occhi,
Nell'ombra dei suoi capelli,
Della tremante luce stellare dei cieli,
Ne vedeva il luccichio riflesso.
Tinuviel l'elfa pura,
Fanciulla immortale, elfa saggia,
Su di lui gettava i suoi capelli
E le braccia ombrose come bagliori argentati.
Lunga era la via che li portò al loro destino,
Sulle fredde, pietrose e grigie montagne,
Attraverso barriere di ferro e porte oscure,
Boschi cupi e tetri e luoghi abbandonati.
Ma perfino i Mari giacquero tra loro,
Alla fine però, riuscirono ad incontrarsi ancora una volta,
E tanto tempo fa se ne andarono per sempre,
Cantando nelle foreste senza più paura né rimpianto.