Cinzia cantava le sue canzoni
e si scriveva i testi sul diario
per sentirli ieri,
e proprio nell’ora di religione
quando tutto il mondo
sembra buono, anche il professore...
E lo stadio era pieno,
Cinzia e il suo veleno,
e lo stadio era pieno,
Cinzia e il suo veleno.
Piero suonava solo
la musica reggae
e i suoi capelli
erano serpenti neri
di medusa Marley,
sposati in fretta
e con un figlio in arrivo,
un figlio nuovo di zecca
da crescere bene.
Partirono insieme,
destinazione San Siro,
con tutto quello
che avevano in tasca,
un indirizzo sicuro...
E lo stadio era pieno,
Cinzia e il suo veleno,
e lo stadio era pieno,
Cinzia e il suo veleno.
E sì che a Milano
quel giorno era Giamaica,
con quelle palme immense
sulle strade vuote,
a 41 all’ombra.
E quando gli idranti
spararono sul cielo,
qualcuno disse:
“Guarda verso il palco,
c’è l’arcobaleno”.
E venne la notte
da centomila fiammelle,
la musica correva
come un filo
su tutta la mia pelle...
E lo stadio era pieno,
Cinzia e il suo veleno,
e lo stadio era pieno,
Cinzia e il suo veleno.
Dai, Cinzia, torna a casa,
dai, Cinzia, torna a casa...