Padre nostro che sei nei Cieli,
io non sono mai stato
ridicolo in tutta la vita.
Ho sempre avuto
negli occhi un velo d’ironia.
Padre nostro che sei nei Cieli:
ecco un tuo figlio che,
in terra, è padre…
È a terra,
non si difende più…
Se tu lo interroghi,
egli è pronto a risponderti.
È loquace. Come quelli
che hanno appena avuto
una disgrazia e
sono abituati alle disgrazie.
Anzi, ha bisogno, lui, di parlare:
tanto che ti parla
anche se tu non lo interroghi.
Quanta inutile buona educazione!
Non sono mai stato maleducato
una volta nella mia vita.
Avevo il tratto staccato
dalle cose, e sapevo tacere.
Per difendermi,
dopo l’ironia, avevo il silenzio.
Padre nostro che sei nei Cieli:
sono diventato padre,
e il grigio degli alberi
sfioriti, e ormai senza frutti,
il grigio delle eclissi, per mano tua
mi ha sempre difeso.
Mi ha difeso dallo scandalo,
dal dare in pasto
agli altri il mio potere perduto.
Infatti, Dio, io non ho mai dato
l’ombra di uno scandalo.
Ero protetto dal mio possedere
e dall’esperienza
del possedere,
che mi rendeva, appunto,
ironico, silenzioso e infine
inattaccabile come mio padre.
Ora tu mi hai lasciato.
Ah, ah, lo so ben io cosa ho sognato
quel maledetto pomeriggio!
Ho sognato Te.
Ecco perché è cambiata
la mia vita.
E allora, poiché Ti ho,
che me ne faccio
della paura del ridicolo?
I miei occhi sono divenuti
due buffi e nudi
lampioni del mio deserto
e della mia miseria.
Padre nostro che sei nei Cieli!
Che me ne faccio
della mia buona educazione?
Chiacchiererò con Te
come una vecchia, o un povero
operaio che viene d
alla campagna, reso quasi nudo
dalla coscienza dei quattro
soldi che guadagna
e che dà subito alla moglie –
restando, lui, squattrinato,
come un ragazzo,
malgrado le sue tempie grigie
e i calzoni larghi e grigi
delle persone anziane…
Chiacchiererò con la mancanza di pudore
della gente inferiore,
che Ti è tanto cara.
Sei contento?
Ti confido il mio dolore;
e sto qui a aspettare
la tua risposta
come un miserabile e
buon gatto aspetta
gli avanzi, sotto il tavolo:
Ti guardo, Ti guardo fisso,
come un bambino
imbambolato e senza dignità.
La buona reputazione, ah, ah!
Padre nostro che sei nei Cieli,
cosa me ne faccio della
buona reputazione, e del destino
– che sembrava tutt’uno
col mio corpo e il mio tratto –
di non fare per nessuna ragione
al mondo parlare di me?
Che me ne faccio di questa persona
cosi ben difesa
contro gli imprevisti?