Tu la moglie modello, il grillo della casa,
tu che non hai uno strappo nella veste da sposa,
Penelope casta e severa,
tu non l’hai mai cullata – fedele a tuo marito
e alla gioia minuta, certo non l’hai tradito! –
un’idea sconcia, la sera?
E dietro le tendine, pura ed equilibrata,
aspetti che ritorni l’Ulisse di borgata,
chinata filando la tela,
nelle sere di noia, tuo languido destino,
tu non l’hai mai contate su un altro baldacchino
le stelle che il pudore cela?
Tu non l’hai mai invocato, nei tuoi pensieri belli,
il putto dispettoso che t’afferra i capelli,
sussurra dolcissimi frizzi,
tra le scialbe verdure mette la margherita,
sui rami del frutteto la mela proïbita,
ed a soqquadro i tuoï pizzi?
Non l’hai mai vagheggiato trovarlo sul cammino,
quell’angelo malvagio, arciere sopraffino,
che scocca il suo dardo lubrico,
alle più fredde statue ridona il sentimento,
ne scuote la virtù le mette in movimento,
che strappa la foglia di fico?
Non temere che il cielo ti mostri il suo rigore,
non è per certe cose che si fustiga un cuore
che vola e galoppa distratto!
È peccato comune e colpa senza fiele,
è la faccia nascosta della luna di miele,
Penelope, il tuo riscatto!