Resta, più d’ogni cosa, quest’attitudine per la tenerezza
Questa perfetta intimità col silenzio
Resta questa voce intima che supplica perdono per tutto:
Perdono! non è loro la colpa d'esser nati...
Resta quest'antico riguardo per la notte, questo parlar piano
Questa mano che sfiora prima di tenere, questa paura
Di ferire toccando, questa forte mano d'uomo
Piena di delicatezza per tutto ciò che esiste.
Resta quest'immobilità, questa economia di gesti
Quest'inerzia sempre più grande davanti all'infinito
Questa balbettamento puerile di chi vuol esprimere l'inesprimibile
Questo irriducibile rifiuto della poesia non vissuta.
Resta questa comunione coi suoni, questo sentimento
Della materia a riposo, questa angoscia per la simultaneità
Del tempo, questa lenta decomposizione poetica
In cerca di una sola vita, di una sola morte, di un solo Vinícius.
Resta questo cuore che s’esaurisce come un cero
In una cattedrale in rovina, questa tristezza
Di fronte al quotidiano; o questa gioia repentina
Nell’udire dei passi nella notte che si perdono senza storia...
Resta questa voglia di piangere di fronte alla bellezza
Questa collera dinanzi all'ingiustizia e al malinteso
Questa immensa pietà per sé stesso, questa immensa
Pietà per sé stesso e per la propria forza inutile.
Resta questa sensazione d'infanzia d’un colpo estirpata
Da piccole assurdità, questa propensione
A ridere senza ragione, questa ridicola smania d'esser utile
E questo coraggio di compromettersi senza necessità.
Resta questa sbadataggine, questa apertura, questa vaghezza
Di chi sa che tutto è già stato e che tornerà ad essere
E ad un tempo questa voglia di servire, questa contemporaneità
Con il domani di quelli che non hanno avuto ieri né oggi.
Resta questa incoercibile capacità di sognare
Di trasfigurare la realtà, dentro questa impossibilità
Di accettarla così come è, e questa visione
Aperta degli avvenimenti, e questa impressionante
E superflua precognizione, e questa memoria antecedente
Di mondi inesistenti, e questo eroismo
immobile, e questa minuscola luce indecifrabile
A cui i poeti talvolta danno il nome di speranza.
Resta quest’ansia di sentirsi uguale a tutti
Di riflettersi in sguardi senza curiosità e senza memoria
Resta questa povertà connaturata, questa vanità
Di non voler regnare se non sul proprio regno.
Resta questo quotidiano dialogo con la morte, questa curiosità
Per il momento venturo, quando, affrettata
Lei verrà a socchiudermi la porta come una vecchia amante
Ma si ritrarrà nel vedermi accanto alla mia innamorata.
Resta questo constante sforzo di camminare dentro il labirinto
Questo eterno rialzarsi dopo ogni caduta
Questa ricerca d’equilibrio sul filo della lama
Questo terribile coraggio di fronte alla grande paura, e questa paura
Puerile d’aver solo piccoli coraggi.