Le mie armi sono i rami, i marmi, i fanghi, il silicio, i salti gravitazionali, i discorsi degli animali, l’immedesimazione transfert controllata, il cielo non rettangolare, la fuliggine con cui disegno circoli in terra che mi concentrano, i tamburi, i simboli di battaglia che non spaventano, gli spigoli, sui quali cadi tu per sbaglio per volontà dei cadenti, i miei ricordi di cocci rotti con sopra scritto il mio nome dagli ostracisti, le mie spade, che vogliono solo tagliarti, e non punirti, i magnetismi dell’acciaio damascato per la tua carne, la tua gola, il tuo sangue, non seguono volontà velleitarie: sono legami senza giudizio, senza artificio vendicativo, presenza disdetta a fondo di fino, compendio di tagli inflitti da terzi. Infliggiti un taglio con le tue stesse mani: è riconoscibile, incide di critiche le tue volontà implicite.
Per quanti nemici possiate voi lasciare a terra, non sarete mai soddisfatti.
I miei nemici non mi temono, non mi tengono in considerazione, perché tossisco in continuazione, perché non do un’impressione, perché porto la spada e il bastone invece di coltelli e pistole. Ho un colorito pallido: potrei morire da un momento all'altro, perché combatto da malato. La mia forza non sta nel fisico, perché sono tisico dalla nascita, mentre il mio nemico è cinico per difendersi dalla crescita. La mia strada è più forte della tua: io vado verso, tu resti immerso nei racconti che ti fai prima di sbattermi a terra, e di vedermi sanguinare dalla bocca. Stupido! Non sono i pugni che mi tiri, o la paura che m’incuti a farmi sanguinare ogni due minuti: sono i miei polmoni a non funzionare bene. Il mio legame è che per farti capire sono disposto a morire. E tu? Hai rimpianti? Capisci che non sei niente? Capisci che per quanto tu infliggessi colpi, io morirei autonomamente?
Negatelo a parole, ma se il vostro avversario prova paura, siete voi ad avergliela trasmessa.
La mia velocità è pari solo alla solidità della tua lentezza, che sia metaforica, oppure forica. La mia spada è terapeutica. Il combattimento è una operazione chirurgica. Che tu vinca o perda non m’interessa: la mia V non è “vendetta”, è “invece”. Chi lo capisce stabilisce l’obiettivo nei percorsi e non nei risultati, decretati oggettivi dai coatti, dai violenti, dagli spavaldi, da coloro che vincono non con le tecniche, ma spaventandoti e sopraffacendoti. Infiniti aneddoti sulla legge dei più forti… Beh, che non sanno leggere e che comunque sono morti. Portatori delle idee più leggere, li sconfiggo con la spada nel fodero, guardandoli soffrire di malattie veneree. Vengo dal paese delle nuvole nere, nel quale vendicarsi vuol dire fuggire, dove se giungete in gruppo con le spade sguainate a casa vostra non ci tornate. Rimanete vittime della pochezza delle vostre intenzioni mal strutturate. Restate quindi con me a combattere: potreste imparare qualcosa.
L’onore non esiste, è un altro dogma inaccettabile che nasconde la pigrizia nel non voler accettare la morte (morte! morte!). E la mia spada è questa: posso morire ora, o adesso, oppure ora, oppure adesso. Devo solo ricordarmelo.