Il coracino, che andava per mare,
venne voglia di sposarsi.
si fece un bel vestito
di scaglie di spine pulito pulito
con una parrucca tutta piena
di rimasugli avvolti,
con il colletto, fazzoletto da collo e polsini
di seta inglese molto fine.
Con i calzoni di reti di fondo,
scarpe e calze di pelle di tonno
e mantella e mantellina
di alghe e peli di bue marino,
con bottoni e bottoniera
di occhi di polipo, seppie e coregoni bianchi *
fibbie, spada e fiocchi dorati
di nero di seppia e fette di occhiata
Due belle catene
di polmone di conchiglie,
un capello elegante
di codini di luccio salato.
tutto inamidato** e ben stirato
faceva il fighetto,
girava di quà e di là
per trovarsi la fidanzata
La Sardina, al balcone
stava suonando il colascione***
e a suono di trombetta,
cantava questa arietta:
"O larello o marellena
e la figlia della zia Lena
ha lasciato il fidanzato
perché niente glia ha regalato!"
Il Guarracino che la guardò
della Sardina si innamorò,
se ne andò dalla Bavosa.
la più vecchia maliziosa.
le diede una bella mancia
per mandarle un messaggio.
La bavosa, pissi pissi
chiaro e tondo glielo disse.
Nel sentirla la Sardella
rossa rossa si fecce,
per la vergogna che la prese
sotto uno scoglio si infilò,
ma la vecchia Bavosa
subito disse: "Ah, schizzinosa!
In questa maniera non trovi partito
in gola ti resta il marito".
Se hai voglia di accasarti
tante smorfie non le devi fare,
fuori la galanteria e via la timidezza,
anima e cuore e faccia tosta".
Ciò sentendo la zia Sardina
s'affacciò alla finestrella
e fece un occhiolino d'intesa
allo speranzoso innamoratino.
Ma la Patella che stava appostata
la chiamò faccia tosta,
traditrice, svergognata,
senza parola e malnata
perché aveva piantato l'Alletterato,
primo e antico fidanzato
di carriera da questo andò
e ogni cosa gli disse.
Quando la sentì il poveretto
se lo prese un demonio
andò a casa, s'armò di rasoio,
si caricò come un mulo
di fucili, di spingarde,
polvere, palle, stoppa e schegge;
quattro pistole e tre baionette
in tasca si mise.
Sulle spalle settanta colubrine,
ottanta bombe e novanta cannoni
e come un guappo paladino
andava cercando il coracino.
La sfortuna vuole
che in mezzo la piazza lo incontrò
l'afferra per il cravattino
e poi gli dice: "Ah malandrino!
Tu mi rubi la fidanzata
e prenditela questa bastonata".
Tuffete e taffete, a milioni,
gli dava schiaffi e colpi alla gola,
schiaffi, pugni e scappellotti,
scappoloni, fecozze**** e percosse alla nuca,
scapaccioni e pugni al volto
e gli ammaccò ossa e cartilagini.
Succede che al rumore
parenti e amici uscirono fuori,
chi con mazze, coltelli e coltellini,
chi con spade,spadoni e spadini
quello con sbarre, questo con spiedi
chi con mandorle e chi con nocciole,
chi con tenaglie e chi con martelli
chi con torroni e susamielli *****
Padri, figli, mariti e mogli
si azzuffarono come fiere
e milioni accorrevano a frotte,
i pesci di questa e di quella fazione
Quante ne vedesti di sarde e di alose
di palamiti e sogliole e razze chiodate,
saraghi, dentici e occhiate,
sgombri, tonni e alletterati.
Pesci palombo e rane pescatrici,
scorfani, cernie e alici,
pastinace, seriole, musdee e ghiozzi rasposi,
lecce stelle, lucci e storioni,
merluzzi, gronghi e murene,
capodogli, orche e balene,
capitoni, aguglie e aringhe,
cefali, caponi lira, tracine e cernie dorate.
Triglie, torpedini occhiute, trote e tonni,
musdee, cepole, latterini e zerri,
polipi, seppie e calamari,
pesci spada e stelle di mare
pesci palombo e pesci martello
bocche d'oro e gianchetti,
seppioline e coracini
cannolicchi, ostriche e ricci di mare.
Vongole, cuori eduli e patelie
pescecani e granchietti
tordi marvizzi, marmore e bavose,
boghe, vedove e spose,
spigole, spondili, serpenti e salpe,
scalze con gli zoccoli o con le scarpe,
murici, gamberi e aragoste
vennero perfino con le diligenze.
Capitoni, sauri e anguille,
pesci grossi o piccoli,
d'ogni ceto e nazione.
Piccolini, piccoli, più grandi e grandissimi!
Quante botte, mamma mia!
Che si davano. Non sia mai!
A centinaia le bastonate!
A milioni le pietrate!.
Morsi e pizzicotti a bilioni!
A pioggia i colpi alla gola!
Non vi dico che fuoco vivo
si faceva per ogni luogo.
Te, te, ttè, qua pistolettate,
ta, ta, ttà, là schioppettate
tu, tu, ttù, qua le colubrine,
bu, bu, bbù, là i cannoni.
Ma di cantare sono già stanco
e ora mi manca il fiato,
perciò, datemi licenza
grazioso e bel pubblico.
Fate che beva una mezza di "seje"******,
alla salute di lui e di lei,
altrimenti mi si secca il gargarozzo,
svuotandosi il polmone.
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