Il ricordo, lo porto nel cuore
E cresce in me come un segno
Mi struggo per la mia sorellina,
per la mia infanzia1 e il mio cigno
Per una barca, tutto dipende da come
La si ormeggia al porto, con precisione
Piangono dal mio firmamento
anni luce e ben altro ancora
Sono il fantasma che si leva dall’isola di Jersey
Quello che giunge nelle sere in cui ti metti in mostra
Per lanciarti dei baci di nebbia
E raccoglierti nelle sue rime
Come le reti di luglio
Ove luceva il lupo solitario
Quello che vedevo brillare
che aveva per dita la sabbia della terra.
Ricorda quel palombo
che abbiamo rilasciato sulla parola
e che guaisce nel deserto
della necropoli di alghe.
Sono sicuro che lí é la vita
coi suoi polmoni di flanella,
Quando ci piange addosso un tempo simile
Il freddo tutto grigio che ci chiama
Mi ricordo delle serate laggiù
E degli scatti fulminei con cui vincevamo sulla spuma
Questa bava dei cavalloni rasenti
al profilo delle rocce che si consumano
Oh, angelo dei piaceri perduti
Oh suoni di ben altra consuetudine
I miei desideri da allora non sono altro
Che il dolore della mia solitudine
E il diavolo di serate conquistate
E i suoi pallori di rivincita
E lo squalo dei paradisi
In quell’ambiente umido di muschio
Torna da me, fanciulla verde dei fiordi
Torna da me, violino delle sviolinate
Nel porto suonano i corni in fanfara
Per il ritorno dei compagni
O quel profumo insolito delle saline
Nel pepe il bruciore della pelle scorticata
Quando, geometrizzando, spingevo
La mia anima nell’incavo della tua ferita
Nel subbuglio del tuo sesso
Invischiato in lenzuola di un’esile alba
Vedevo ancora un’altra vetrata
E te, fanciulla verde, mio spleen.
Le conchiglie facendo figure
Sotto i sunlights liquefatti
Suonano le nacchere al punto
da fare inlividire la Spagna
Dei di granito, siate benevolenti
verso il loro destino da parure
Quando il coltello finirá per penetrare
La loro forma di nacchere
E riuscivo a vedere ciò che solo si intuisce
Quando intuiamo ciò che si può solo intravedere
Tra le persiane del sangue
E che i globuli raffigurano
Una matematica blu
Su questo mare mai placato
Dal quale risale fino a me poco a poco
il ricordo delle stelle
Questa voce che viene da laggiù
Sotto l’arco amico dove perdo la vista
Queste mie mani che si danno delle arie
Queste mani ruminanti che muggiscono
Questo suono che mi perseguita a lungo
Come un mendicante colpito da anatema
Come l’ombra che bighellonando
Disegna il mio teorema
E nascosta sotto il mio trucco da rosso
Comincia a sbattere come una porta
Questo suono che avanza in piedi
Nella via delle musiche morte
Finito il mare, é finita
Sulla spiaggia la sabbia bela
Come delle pecore di un infinito universo
Quando il mare pastore mi chiama.
1. j’ai traduit sur la base de ton texte, mais dans la video il chante « de mon enfant »