Ora se anche tu, messaggero della libertà, la superassi quella barriera segmentata, troveresti a pochi passi un reticolato alto tre metri di filo spinato in nichel-cromo; e non potresti scavalcarlo, perché la sommità si protende di un altro metro verso l'esterno, né potresti strisciare di sotto, no, nemmeno scavandolo, perché è ancorato a una profondità di cinquanta centimetri sotto la terra.
Nessuno saprebbe valicarlo.
Ma se lo facessi, e non vedo come, troveresti da superare correndo un corridoio di prato, un tratto da sei a quindici metri coperto da sabbia, esposto al tiro dei Vopos, complicato dai Cavalli di Frisia e pattugliato dai cani, da 259 zone per i cani.
Fossi anche lanciato sopra un mezzo blindato, scopriresti fossati larghi da tre a cinque metri e barriere anticarro tali che non potresti mai superarle.
Non ce la faresti, mai.
Ma anche se ce la facessi, approfittando della notte – però mai, mai questo potrà avverarsi –arriveresti nel raggio compreso dalla zona illuminata, sempre scoperto al tiro.
Non la potresti scampare; ma nel caso affermativo, che però non può succedere, ti troveresti a fronteggiare una delle quarantacinquemila lastre da obitorio erette. Alte più di tre metri, non potresti mai scavalcarle senza l'ausilio di una lunga scala, ma tu non puoi contemporaneamente avere una lunga scala ed essere ancora vivo ancora; né potresti scavare al di sotto con piccone e badile immaginari, perché il piede della lastra si protende a est e ovest di un ulteriore metro.
Mai e poi mai questo potrà avverarsi, ma se ce la facessi; se anche infine ti precipitassi fuori dall'ultima porta, ti troveresti davanti la città imperiale, il centro del mondo, la città che ha ammucchiato le proprie macerie.
Tu sei in piedi sulla torretta d'osservazione nella città delle macerie e ancora sogni questa ambasciata, quando cala la sera.