E disperò
Di una sua bella estate
Quando Constance
Mosse il bianco dei suoi occhi altrove
Quando l'alchimia brutale dell'abbandono
Tramuta l'ultima donna in uno scorcio di mare
Per sempre autentico, per sempre abituale
E così pianse
Con uno straccio di versi in bocca
Per non farsi sentire
Ed invocò gli angeli della santa Vergine
Per lasciarsi andare
Su uno scanno di legno
Lasciarsi andare in lucidità distratte
E sognare le scorribande di un vento libero
Sull'antica distesa del Po
Ed i sassi lanciati
Nel fondoschiena del futuro
E le sassate precise dei vent'anni
In un turbine di Austerlitz celesti
E la femmina a gettone
Sotto i portici di Torino
Che ti fa un bel sorriso
Che ti fa sperare
Che abbracceresti per sentirne la voce
Languida doppiatrice di un lungometraggio a luce crepuscolare
E poi guardarla, gazzella d'oro svenuta per sempre
Nella tagliola sottile dell'abitudine
Così Cesare
Ripensò alle Langhe
Così Cesare
Imperatore di tutte queste nostre Langhe
Così Cesare
Con una smorfia di disamore
Così Cesare
Si raggomitolò un'apocalisse di quiete