Quando, nel cercare di farsi capire
Vide la gente voltarsi
Come se non dovesse capirlo più
E quando lo legarono alla barella
Ch’era caduto in catena
Gridando: «Basta, basta, per carità!»
Lui s’accorse, tutt’a un tratto
Di esser diventato matto
Che una porta gli si apriva
E la mente gli sfuggiva
E quando vide le facce dei dottori
Chinati a fargli domande
Ch’eran parole vuote di un’altra realtà
E quando lo calmarono con le scosse
Perché gridava e piangeva:
«Rivoglio i miei vestiti, la libertà»
Lui s’accorse tutt’a un tratto
Che significa esser matto
Sentì chiudere un cancello
Ed insieme il suo cervello
E quando cominciaron le prime botte
Perché provava a scappare
Per la paura e il dolore non provò più
E quando sistemarono il suo cervello
Come una vecchia rotella
Buona per obbedire e dire sì
Lui sentì che la sua rabbia
Si annegava nella sabbia
Perché al posto del cervello
C’era un numero d’appello
Oggi oramai non piange, né sorride
Né pensa, né può pensare
È un gran bravo internato sterilizzato
E s'accorge solamente
D’esser privo della mente
Perché al posto del cervello
Ci sta un numero d’appello
E s'accorge solamente
D’esser privo della mente
Perché al posto del cervello
Ci sta un numero d’appello
E s'accorge solamente
D’esser privo della mente...