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Il claustrofilo lyrics
Il claustrofilo lyrics
turnover time:2024-10-05 05:21:55
Il claustrofilo lyrics

Un architetto fatto e finito - anzi, progettato e costruito - al ventiquattresimo autunno, nel punto massimo di sopportazione, inforca gli occhiali, sparisce nei sotterranei, non lascia scritto niente dei, ai, sui suoi contemporanei. Pratica l’arte del nascondersi dentro i cunicoli che la gente usa in metro per muoversi: rimesse, caldaie, locali tecnologici, condotti termici e altri spazi privi di sguardi vigili divorati dalle ruggini, polveri, sedimenti ed affioramenti umidi. L’estetica della non-curanza, la manutenzione di grado-salvezza sono le linee di forza di ogni costruzione posta sotto la crosta terrestre: sopra la terre si cresce, sotto la terra si germina. Un architetto non parla, non progetta e non sovraccarica, quando invece preferisce: delimita, abita.

Un architetto fatto e finito - anzi, progettato e costruito - al ventiquattresimo autunno fa il punto della situazione: reperisce materiali, ricostruisce i modelli, per non confrontarsi inventa nuovi livelli che siano indispensabili per sostentarsi. Il suo laboratorio è situato là dove nessuno è solito avventurarsi, così farà in tempo a costruire qualcosa prima che qualcuno gli dica di non provarci perché potrebbe sbagliarsi. Piuttosto che opporsi o scegliere di adeguarsi è meglio nascondersi e presentarsi dopo anni diversi e forti di una personale realtà dei fatti che matura negli spazi non contaminati, perfettamente coibentati, paralleli e diametrali, perché ci sia una vera scelta tra i piani e non ci si elimini vicendevolmente come tra spazi euclidei e lobacevskijani.

Scelte spaziali personali, reset sugli spazi comuni, palette di angoli generata, alienata dai default, soffocata dai preset, evoca pattern precedenti all’archetipo. Utenti che si credono programmatori ostacolano il progresso con sguardo dimesso con visuale ampia a 300 gradi sugli assi xyz, io mi prendo quei 60 di visuale cieca che stanno sotto terra. Economia degli ambienti, occupo il quarto asse: quello dei tempi. Stabilisco la mia casa, disegno la città futura, riqualifico gli spazi che non si utilizzano in modo efficace. Niente parchi o verde imbrigliato, niente negozi ulteriori, niente locali o parcheggi, niente inaugurazioni, niente azioni critiche: solo abitazioni sotterranee per relazioni non istantanee, per chi si concentra in poco spazio e poco ossigeno. Le mie facoltà verbali si limitano: parlo a scatti.

Strati intorno

Sotto e sopra

Manodopera

Scavabuchi

Non mi tocca

La mia porta

Sempre chiusa

La mia casa

Sempre occulta

Una stanza

Fuori gente

Dentro tutto

Fuori niente

Dentro niente

Interesse

Già perduto

Parli troppo

Resto muto

Ami il traffico

Amo il chiuso

Io mi sposto

Non incontro

Io contorco

Non riposo

Tu sereno

Sei estremo

Io cammino

Tu cammini

Ci dividono

Dei tombini

Tu fai tardi

Non so l’ora

Luce filtra

Sto leggendo

Vado in duomo

Sottoterra

Senza metro

Passo d’uomo

Mi procuro

Tu acquisti

Siete tristi

Sono chiuso

Siete allegri

Sono neutro

Sottoterra

Come i morti

Sulla terra

Tu ti sposti

Quali costi

Quali affetti

Tu rifletti

Troppo poco

Io mi fletto

Tocco il vuoto

Tu rifletti

Troppo poco

Ma capisci

Penso troppo

Mi nascondo

Provo gioia

Mi nascondo

Sono puro

Io disegno

Dove abiti

Nel futuro

Ti rinchiudo

Ti dirigo

Con la penna

La città

Sarà diversa

Chi comanda

È chi progetta

Chi disegna

Chi si sposta

La protesta

Non mi serve

Cosa serve

La matita

La matita

La matita

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