A ogni litigio con mia madre, da casa mia mi incamminavo subito da te.
E tu mi dicevi:" È sola, lo devi capire, tutto passa, vieni, bevi una birra."
Poi mi spiegavi che la vita consiste tutta nel prendere, ma ancor più nel dare.
Al che io, dal tuo cassetto, la notte, ti fregavo quei duemila scellini
da sperperare in discoteca, e un paio di giorni dopo mi chiedevi dove fossero [finiti].
Io negavo, strillavo isterico, il tuo sguardo era triste, e dopo confessavo.
Dicevi soltanto:" Dài, lasciamo stare, il denaro non può essere poi così importante!"
Quando raccontavi della guerra, di come sei stato faccia a faccia con i russi.
Vi offrivate vicendevolmente una sigaretta, la mano sul grilletto tremava dalla gran paura.
Oppure tua moglie, che non la finiva mai di urlarti dietro tutto il giorno.
Allora dicevi solamente:" Le voglio bene, non devo stare sempre a sentire tutto quello che dice!"
Nonno, non puoi passare per un buon caffè?
Nonno, vorrei tanto dirti cosa ho capito solo ora!
Nonno, tu sei stato il mio primo amico, e questo non lo scorderò mai, nonno.
Non eri un superuomo, non hai mai voluto esserlo,
e proprio per questo in qualche modo c'era una forza [in te].
E attraverso il modo in cui hai vissuto la tua vita,
forse ho capito come ce la si può fare.
Il principio era: prima di tutto riflettere, avere un'opinione e seguirla.
Mai la violenza, sempre ragionare, ma anche non avere paura di nessuno.