C’era un tipo che viveva in un abbaino
per avere il cielo sempre vicino,
voleva passare sulla vita come un aereoplano,
perché a lui non importava niente
di quello che faceva la gente,
solo una cosa per lui era importante.
E si esercitava continuamente
per sviluppare quel talento latente
che è nascosto tra le pieghe della mente.
E la notte sdraiato sul letto,
guardando le stelle dalla finestra nel tetto,
con un messaggio voleva prendere contatto,
diceva:
"Extraterrestre, portami via
Voglio una stella che sia tutta mia
Extraterrestre, vienimi a pigliare
Voglio un pianeta su cui ricominciare"
Una notte il suo messaggio fu ricevuto
e in un istante è stato trasportato
senza dolore su un pianeta sconosciuto.
Il cielo è un po’ più viola del normale,
un po’ più caldo il sole, ma nell’aria un buon sapore.
E terra da esplorare, e dopo la terra il mare,
un pianeta intero con cui giocare.
E lentamente la consapevolezza,
mista ad una dolce sicurezza:
"L’universo è la mia fortezza!"
"Extraterrestre, portami via
Voglio una stella che sia tutta mia
Extraterrestre vienimi a cercare
Voglio un pianeta su cui ricominciare!"
Ma dopo un po’ di tempo la sua sicurezza
comincia a dare segni di incertezza,
si sente crescer dentro l’amarezza.
Perché adesso che il suo scopo è stato realizzato
si sente ancora vuoto,
si accorge che in lui niente è cambiato,
che le sue paure non se ne sono andate,
anzi che semmai sono aumentate,
dalla solitudine amplificate.
E adesso passa la vita a cercare
ancora di comunicare
con qualcuno che lo possa far tornare.
E dice:
"Extraterrestre, portami via
Voglio tornare indietro a casa mia
Extraterrestre, non mi abbandonare
Voglio tornare per ricominciare!
Extraterrestre, portami via
Voglio tornare indietro a casa mia
Extraterrestre, vienimi a pigliare
Voglio tornare per ricominciare!"