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Confessioni di un malandrino lyrics
Confessioni di un malandrino lyrics
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Confessioni di un malandrino lyrics

1

Mi piace spettinato camminare,

col capo sulle spalle come un lume;

così mi diverto a rischiarare

il vostro autunno senza piume.

Mi piace che mi grandini sul viso

la fitta sassaiola dell’ingiuria,

mi agguanto solo per sentirmi vivo

al guscio della mia capigliatura.

Ed in mente mi torna quello stagno

che le canne e il muschio hanno sommerso,

ed i miei che non sanno di avere

un figlio che compone versi;

ma mi vogliono bene come ai campi,

alla pelle ed alla pioggia di stagione.

Raro sarà che chi mi offende

scampi dalle punte del forcone.

Poveri genitori contadini,

certo siete invecchiati e ancor temete

il Signore del cielo e gli acquitrini.

Genitori che mai non capirete

che oggi il vostro figliuolo è diventato

il primo fra i poeti del Paese,

ed ora in scarpe verniciate

e col cilindro in testa egli cammina.

Ma sopravvive in lui la frenesia

di un vecchio mariuolo di campagna,

e ad ogni insegna di macelleria

la vacca s’inchina sua compagna.

E quando incontra un vetturino,

gli torna in mente il suo concio Natale,

e vorrebbe la coda del ronzino

regger come strascico nuziale.

Voglio bene alla patria

benché afflitta di tronchi rugginosi.

M’è caro il grugno sporco dei suini

e i rospi all’ombra sospirosi.

Son malato d’infanzia e di ricordi

e di freschi crepuscoli d’aprile.

Sembra quasi che l’acero si curvi

per riscaldarsi e poi dormire.

Dal nido di quell’albero, le uova

per rubare, salivo fino in cima,

ma sarà la sua chioma sempre nuova

e dura la sua scorza come prima.

E tu, mio caro amico vecchio cane,

fioco e cieco ti ha reso la vecchiaia,

e giri a coda bassa nel cortile,

ignaro delle porte e dei granai.

Mi son cari i miei furti di monello,

quando rubavo in casa un po’ di pane,

e si mangiava come due fratelli,

una briciola l’uomo ed una il cane.

Io non sono cambiato:

il cuore ed i pensieri son gli stessi,

sul tappeto magnifico dei versi

voglio dirvi qualcosa che vi tocchi.

Buona notte alla falce della luna,

sì cheta mentre l’aria si fa bruna;

dalla finestra mia voglio gridare

contro il disco della luna.

La notte è così tersa,

qui forse anche morire non fa male,

che importa se il mio spirito è perverso

e dal mio dorso penzola un fanale?

Oh Pegaso decrepito e bonario,

il tuo galoppo è ora senza scopo;

giunsi come un maestro solitario

e non canto e non celebro che i topi.

Dalla mia testa, come uva matura,

gocciola il folle vino delle chiome;

voglio essere una gialla velatura,

gonfia verso un paese senza nome.

1. La canzone è ispirata alla poesia Confessioni di un teppista del russo Sergej Esenin.

http://www.branduardi.info/esenin/branduardi-esenin.htm

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