La luce è andata ancora via,
ma la stufa è accesa e così sia,
a casa mia tu dormirai,
ma quali sogni sognerai
con questa luna che spaccherà in due
le mie risate e le ombre tue,
i miei cavalli ed i miei fanti,
il tuo Hesse sordo ed i tuoi canti,
tutti i ghiaccioli appesi ai fili,
tutti i miei giochi e i tuoi monili,
i campanili, i pazzi, i santi e l'allegria.
E non andrà il televisore,
cosa faremo in queste ore?
Rumore attorno non si sente,
giochiamo a immaginar la gente,
corriamo a fare gli incubi indiscreti,
curiosi d'ozi e di segreti,
di quei problemi quotidiani
che a notte il sonno fa lontani
o che nel sogno sopra a un viso
diventan urlo od un sorriso,
il paradiso, inferno, mani, l'odio e amore.
Avessi sette vite a mano
in ogni casa entrerei piano
e mi farei fratello o amante,
marito, figlio, re o brigante
o mendicante o giocatore,
poeta, fabbro, Papa, agricoltore.
Ma ho questa vita e il mio destino,
e ora cavalco l'Appennino
e grido al buio più profondo
la voglia che ho di stare al mondo:
in fondo è proprio un gran bel gioco
a far l'amore tanto e non bere poco.
E questo buio, che sollievo,
ci dona un altro medioevo,
io levo dall'oscurità
tutta la nostra civiltà,
velocità di macchine a motore,
follia di folla e di rumore
e metto ritmi più lontani,
di bestie, legni, suoni umani,
odore d'olio e di candele,
fruscìo di canapi e di vele,
il miele, il latte, i pani e il vino vero.
Ma chissà poi se erano quelli
davvero tempi tanto belli
o caroselli che giriamo
per l'incertezza che culliamo
in questa giostra di figure e suoni,
di luci e schermi da illusioni,
di baracconi in bene o in male,
di eterne fughe dal reale
che basta un po' d'oscurità
per darci la serenità,
semplicità, sapore, sale e ritornelli.
Non voglio tante vite a mano,
mi basta questa che viviamo,
comuni giorni intensi o pigri,
gli specchi ambigui dei miei libri,
le tigri della fantasia,
tristezza ed ottimismo ed ironia.
Ma quante chiacchiere stavolta,
che confusione a ruota sciolta,
lo so che è un pezzo che parliamo,
ma è tanto bello, non dormiamo,
beviamo ancora un po' di vino,
che tanto tra due sorsi è già mattino.
Su sveglia e guardati d'attorno,
sta già arrivando il nuovo giorno,
lo storno e il merlo son già in giro,
non vorrai fare come il ghiro!
Non c'è black-out e tutto è ormai finito
e il vecchio frigo è ripartito,
con i suoi toni rochi e tristi
scatarra versi futuristi.
Lo so, siam svegli ormai da allora,
ma qualche cosa manca ancora...
finiamo in gloria, amore mio,
che dopo, a giorno fatto, dormo anch'io.