‹Adesso faccio l’appello: Savona?› «Presente.»
‹Chiusano?› «Presente.»
‹Giacobetti?› «Potrei andare un momento…»
‹Eh, no, adesso. Nell’intervallo. Eh!› «Ooh!»
Quando eravamo piccini,
la nostra maestrina,
con la più gran disciplina,
tutti faceva filar;
lei ci metteva in riga
gridando ‹Fate attenzion!› «’gnorsì!»
‹Adesso marcerete cantando questa canzon›.
‹Un-dué, un-dué, passo!›
Battiam, battiam le mani:
arriva il direttor.
Battiam, battiam le mani
all’uomo di valor.
Gettiamo tulipani
e mazzolin di fior.
Cantiamo tutti in coro
«Evviva! Evviva!»,
ed una coppa d’oro
doniamo al direttor.
Trrr «Pronto?»
Trrr «Pronto?»
Trrr «Pronto?»
Trrr «Pronto?»
Trrr «Pronto?»
Trrr «Pronto?»
Trrr «Pronto?»
Trrr «Pronto?»
E finalmente, a vent’anni,
dicemmo «È finita!
Ora ci porta la vita
giorni di felicità.» «Voilà!»
Ma presto tutti quanti
dovemmo constatar
che per andare avanti
sempre si deve cantar.
«Il… il direttore! Il direttore!»
Battiam, battiam le mani:
arriva il direttor.
Battiam, battiam le mani
all’uomo di valor.
Gettiamo tulipani
e mazzolin di fior.
Cantiamo tutti in coro
«Evviva! Evviva!»,
ed una coppa d’oro
doniamo al direttor.
Ma quando ci lamentiamo
sinceri non siamo:
forse in segreto sognamo
la parte del direttor;
tutti vorremmo, in fondo,
dal mondo farci applaudir,
e la canzone in coro
ci piacerebbe sentir.
All’arbitro noi diciamo
«Arriva il direttor!»
Ed al metropolitano1
«Arriva il direttor!»
Al maestro Ferrari diciamo
«Arriva il direttor!»
Ognun di voi domani
potrebbe cantare
«Battiam, battiam le mani:
arriva… arriva… arriva il direttor!»
1. metropolitano = vigile urbano