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'A livèlla [Italian translation]
'A livèlla [Italian translation]
turnover time:2024-12-23 22:19:49
'A livèlla [Italian translation]

Ogn'anno, il due novembre, c'è l'usanza

per i defunti andare al Cimitero.

Ognuno deve fare quest’atto di devozione;

tutti devono avere questo pensiero.

Ogn'anno, puntualmente, in questo giorno,

di questa triste e mesta ricorrenza,

anch'io ci vado, e con dei fiori adorno

il loculo marmoreo di zia Vincenza.

Quest'anno m'è capitata un’avventura...

dopo di aver compiuto il triste omaggio

(Madonna!) e se ci penso, che paura!

Ma poi mi decisi ad affrontare la cosa.

Il fatto è questo, statemi a sentire:

s'avvicinava l’ora della chiusura:

io, piano piano, stavo per uscire,

gettando lo sguardo su qualche sepoltura.

"Qui dorme in pace il nobile marchese

signore di Rovigo e di Belluno,

ardimentoso eroe di mille imprese,

morto l'11 maggio del '31".

Lo stemma con la corona sopra a tutto...

...sótto una croce fatta di lampadine;

tre mazzi di rose con una lista 'e lutto:

candele, candelotti e sei lumini.

Proprio attaccata alla tomba di questo signore

c’era un’altra tomba piccoletta,

abbandonata, senza neanche un fiore;

per segno, solamente una crocetta.

E sulla croce a mala pena si leggeva:

"Esposito Gennaro - netturbino":

guardandola, che pena mi faceva

questo morto senza neanche un lumino!

Questa è la vita! Fra di me pensavo...

chi ha avuto tanto e chi nun ha niente!

Questo povero disgraziato s'aspettava

che pure all'altro mondo era un pezzente?

Mentre fantasticavo su questo pensiero,

s'era già fatta quasi mezzanotte,

e io rimasi chiuso, prigioniero,

morto di paura... avanti ai candelotti.

Tutto a un tratto, che vedo da lontano?

Due ombre avvicinarsi dalla parte mia...

Pensai: questo fatto mi pare strano...

Sto sveglio... dormo, o è fantasia?

Altro che fantasia; era il Marchese:

con la tuba, la caramella e con il pastrano;

quell’altro dietro a lui un brutto arnese;

tutto sporco e con una scopa in mano.

E quello certamente è don Gennaro...

Il morto poverello... lo spazzino.

In questo fatto io non ci vedo chiaro:

sono morti e si ritirano a quest'ora?

Potevano starmi quasi a un palmo,

quando il Marchese si fermò di botto,

si girò e serio serio... calmo calmo,

disse a don Gennaro: "Giovanotto!

Da Voi vorrei saper, vile carogna,

con quale ardire e come avete osato

di farvi seppellir, per mia vergogna,

accanto a me che sono blasonato!

La casta è casta e va, sì, rispettata,

ma Voi perdeste il senso e la misura;

la Vostra salma andava, sì, inumata;

ma seppellita nella spazzatura!

Ancora oltre sopportar non posso

la Vostra vicinanza puzzolente,

fa d'uopo, quindi, che cerchiate un fosso

tra i vostri pari, tra la vostra gente".

"Signor Marchese, non è colpa mia,

io non vi avrei fatto questo torto;

è stata mia moglie a fare questa fesseria,

io che potevo fare se ero morto?

Se fossi vivo vi farei contento,

prenderei la cassettina con le quattro ossa

e proprio adesso, in questo momento,

me n’entrerei in un’altra fossa".

"E cosa aspetti, oh turpe malcreato,

che l'ira mia raggiunga l'eccedenza?

Se io non fossi stato un titolato

avrei già dato piglio alla violenza!"

"Fammi vedere... pigliala questa violenza...

In verità, Marchese, mi sono seccato

di sentirti; e, se perdo la pazienza,

mi dimentico che son morto e volano le botte!...

Ma chi ti credi d'essere... un dio?

Vuoi capire che qua dentro siamo uguali?...

...Morto sei tu e morto sono anch’io;

ciascuno di noi è proprio tale e quale".

"Lurido porco!... Come ti permetti

paragonarti a me ch'ebbi natali

illustri, nobilissimi e perfetti,

da fare invidia a Principi Reali?".

"Ma quale Natale... Pasqua ed Epifania!!!

Ti vuoi mettere in testa... in quel cervello…

che sei malato ancora di fantasia?...

La morte sai cos’è?... è una livella.

Un re, un magistrato, un grand’uomo,

varcando questo cancello, ha messo il punto,

perché ha perso tutto, la vita e anche il nome:

ti sei o non ti sei reso conto di questo?

Perciò, stammi a sentire... non fare il riluttante,

sopportami vicino - che t’importa?

Queste pagliacciate le fanno solo i vivi:

noi siamo seri... apparteniamo alla morte!”.

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